Generazione Z e politiche retributive
7 Giugno 2021
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È vero che i giovani hanno una concezione del lavoro molto diversa dalle generazioni precedenti e, di conseguenza, lo è anche il loro rapporto con le diverse forme di retribuzione? È vero che vogliono essere retribuiti sui risultati e sulla performance, essere legati al purpose e non alle otto ore? Sono più o meno fedeli delle generazioni precedenti? Quanto sono interessati alla carriera? E, di conseguenza, come possono essere gestiti?
Per rispondere a queste domande cercheremo di capire quali siano le caratteristiche che contraddistinguono la nuova generazione, cosa stia cambiando nel mondo in termini di modelli organizzativi e di stili di gestione delle persone ed infine cercheremo di immaginare cosa potrebbe essere concretamente utile fare.
L’aumento della speranza di vita alla nascita, la bassa natalità dei paesi occidentali e il conseguente innalzamento dell’età pensionabile sono tutti fatti che hanno portato diverse generazioni di individui a coesistere insieme nella società e nel mondo del lavoro. In quest’ultimo, questa convivenza forzata tra coorti implica che la gestione delle diverse generazioni di lavoratori nelle organizzazioni stia diventando una leva sempre più strategica, in quanto necessaria per l’integrazione delle nuove competenze con quelle tradizionali. Nelle aziende si possono trovare fino a quattro diverse generazioni: i Baby Boomers, la Generazione X, i Millennials ed infine, la Generazione Z, la prima vera generazione di nativi digitali.
I cosiddetti i-Gen, che si stanno appena affacciando al mondo del lavoro, stanno già scardinando i canoni tradizionali di gestione dei lavoratori in termini di attraction e retention.
Questi giovani lavoratori vengono descritti come molto ambiziosi e con una forte attitudine imprenditoriale. Sono particolarmente focalizzati sulla loro crescita personale e desiderosi di cogliere sempre nuove opportunità per lo sviluppo della loro carriera. Viene considerata la prima generazione, dopo tantissimo tempo, disposta a rinunciare all’università per lavorare, a patto che l’istruzione propedeutica al lavoro venga fornita dal datore di lavoro stesso. Per questo, il training continuo e accessibile da qualsiasi device diventa per loro fondamentale nello sviluppo professionale. Una conseguenza legata alla loro digitalizzazione è una concentrazione molto bassa, che si traduce in una preferenza alla collaborazione con i colleghi, per ridurre al minimo il rischio di errore.
Sebbene siano dediti al lavoro, sono una generazione con un fondamentale bisogno di bilanciamento tra il lavoro e la vita privata e sono profondamente attenti all’ambiente, all’onestà e agli effetti intergenerazionali delle azioni che vengono compiute oggi.
I loro valori personali sono importanti, non solo come consumatori, ma anche come lavoratori. La loro soddisfazione lavorativa e il loro engagement nelle realtà aziendali, più che in altre generazioni, sono legati alla condivisione di valori personali con l’azienda. Più si troveranno in linea con i principi e l’etica dell’organizzazione, più riusciranno ad esprimere il meglio di sé.
Dal punto di vista dei modelli organizzativi e gestionali nel mondo si stanno sviluppando, in tutti i settori, esperienze molto diverse da quelle, fino ad oggi prevalenti, di impostazione tradizionale.
Tali esperienze, molto ben descritte, ad esempio, nei libri “Reinventare le organizzazioni” (F. Laloux) e “Corporate Rebels” (J. Minnaar e P. De Morree), hanno l’obiettivo di utilizzare al meglio il potenziale delle persone che lavorano nelle organizzazioni, adottando modalità organizzative e gestionali maggiormente in grado di generare motivazione, coinvolgimento, responsabilità e creatività. Le innovazioni attuate da queste organizzazioni presentano quale tratto comune il cambio di approccio su alcuni aspetti fondamentali passando, in sintesi, dal profitto al proposito ed ai valori, dalla piramide gerarchica alla rete di team, in termini di leadership dal comando al supporto, dalla pianificazione e previsione alla sperimentazione ed adattamento, dalla prevalenza di regole e controllo a libertà e fiducia, da autorità centralizzata ad autorità distribuita, da riservatezza a trasparenza ed, infine, dai titoli formali al talento ed alla competenza effettivi.
Tali esperienze per essere completamente realizzate, richiedendo un cambio di gestione radicale, necessitano di una leadership fortemente convinta e sono quindi, nella loro forma più pura, difficilmente realizzabili nella maggior parte delle attuali organizzazioni. Da queste esperienze però si possono estrarre indicazioni concretamente applicabili, e lo smart working forzato dalla pandemia lo ha dimostrato, che ci possono aiutare a gestire meglio le persone in generale e nello specifico le nuove generazioni.
Parlando di Total Rewards, e cioè il sistema complessivo dei riconoscimenti che include sia quelli tangibili, quali Retribuzione e Welfare, che le componenti qualitative ed intangibili, quali lo sviluppo e l’ambiente di lavoro, le leve di gestione e di motivazione della Generazione Z richiederanno, a nostro avviso, una forte attenzione agli aspetti intangibili. Saranno infatti, ancora più di quanto avviene oggi, importanti il “perché” ed il “come” piuttosto che non il “quanto”.
La gestione della diversità ecco quindi che diventa fondamentale in tutte le fasi della gestione del capitale umano, dalla fase del reclutamento fino alla definizione dei pacchetti retributivi. I rischi di conflitto tra gruppi eterogenei sono alti, così come difficoltà di comunicazione e le diverse modalità di lavoro.
La retribuzione individuale ancor più di oggi sarebbe utile fosse maggiormente collegata alla professionalità, ai risultati individuali, alla performance ed al merito, mentre il tempo dedicato al lavoro e la seniority aziendale dovrebbero diventare meno rilevanti. In un mondo sempre più digitale la capacità di tenere il passo con lo sviluppo tecnologico sarà un elemento importante tanto quanto l’esperienza maturata.
Conseguentemente, la formazione e la flessibilità saranno fondamentali sia in termini di employability che di retention. Modalità di lavoro smart permetteranno infatti di garantire il bisogno di work-life balance sempre più richiesto, garantendo così livelli più alti di produttività e benessere dei lavoratori.
In termini di retribuzione potrà essere utile mettere in campo una maggiore personalizzazione dei pacchetti retributivi, con un peso della retribuzione variabile via via più importante. Questo aspetto potrebbe tradursi in una minore rigidità retributiva, consentendo degli aggiustamenti ad hoc conseguenti, appunto, alle performance.
Nella retribuzione complessiva acquisirà gradualmente maggiore peso la componente del welfare aziendale, soprattutto in quelle realtà in cui verrà utilizzato come leva di attraction e retention collegata ai valori aziendali e non solamente con un approccio tattico finalizzato ai vantaggi fiscali contributivi.
Un aspetto fondamentale sarà costituito dalla capacità delle aziende di comunicare in merito ai temi retributivi. Se fino ad oggi tali tematiche sono state trattate come “argomenti riservati”, per il futuro raccomandiamo che vengano sempre più gestiti in modo trasparente, così da far si che le persone, soprattutto le nuove generazioni, sappiano quali sono le logiche applicate dall’azienda e siano in grado di prevedere i possibili sviluppi futuri e non doverli immaginare alle macchinette del caffè.
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