Retribuzioni: perché adottare un approccio “totale” e come comunicarlo
6 Luglio 2022
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Come dimostrato da svariati studi in materia, la retribuzione in generale non è un fattore motivante sul lavoro di per sé, quanto piuttosto un fattore c.d. igienico, cioè demotiva se non è ritenuta adeguata.
Ogni anno il Salary Satisfaction Report dell’Osservatorio JobPricing, dal 2016 ad oggi, ha messo in luce, sulla base di un approfondimento, alcuni fattori specifici che portano gli individui, a prescindere dal tipo di lavoro e dal livello retributivo, a ritenersi soddisfatti o meno della propria remunerazione. Nello specifico, le dimensioni più rilevanti (confermate in tutte le edizioni della ricerca) sono:
- la percezione di equità interna all’azienda;
- la competitività della propria retribuzione rispetto al mercato;
- il legame esistente fra remunerazione e contributo individuale all’organizzazione (la performance e il livello percepito di meritocrazia in azienda);
- il grado di trasparenza delle politiche retributive;
- la comprensione dei criteri di gestione delle retribuzioni.
In particolare, come confermato anche nell’edizione 2022 dell’indagine, esiste una marcata correlazione positiva fra la soddisfazione per la retribuzione e l’equità percepita. Inoltre, si registra anche una correlazione positiva significativa fra la soddisfazione per la retribuzione ed il grado di trasparenza dei criteri e comprensione dei meccanismi e delle regole con cui con cui essa viene determinata.
Un ulteriore dato significativo, poi, è quello per cui la soddisfazione per la retribuzione aumenta in presenza di pacchetti retributivi articolati e personalizzati, dove allo stipendio vengono affiancate componenti non monetarie (welfare aziendale, benefit) e incentivi variabili basati sul merito.
Sulla base dei dati raccolti in oltre cinque anni, si può quindi concludere che, in base alle evidenze empiriche, per realizzare una reward policy efficace dal punto di vista della soddisfazione di lavoratori e lavoratrici non è solo una questione di denaro. L’aspetto quantitativo, ovviamente, è importante, ma vi sono altri fattori cruciali cui prestare attenzione e che possiamo così riassumere:
- è necessario approcciare la remunerazione in un’ottica non esclusivamente monetaria;
- i sistemi retributivi devono essere il più possibile equi e meritocratici, ovverosia basati su regole certe ed uniformi, che consentano di remunerare le persone in modo differenziato le in funzione del loro contributo individuale all’organizzazione;
- è fondamentale investire adeguatamente in processi strutturati di comunicazione interna in ambito reward, adottando un approccio il più possibile trasparente e diretto.
A tal fine, come ampiamente dimostrato dalle nostre esperienze di consulenza in ambito di costruzione e gestione delle politiche retributive, le organizzazioni possono trarre grande beneficio dall’adozione di processi e di strumenti e di comunicazione ad hoc quali, per esempio, il c.d. total reward statement: questo approccio consiste nel rendere trasparente per ogni singolo lavoratore il suo pacchetto retributivo package retributivo (monetario e non) utilizzando un processo di comunicazione formale individualizzato. Si tratta, però, di un approccio che molte aziende – erroneamente – faticano ancora ad adottare a causa di un retaggio tipico della cultura del lavoro italiana, che vede le questioni retributive come qualcosa da tenere chiuso a chiave nel cassetto della scrivania del responsabile del personale o dell’imprenditore.
Tuttavia, così facendo, il rischio è quello di svilire e di non valorizzare correttamente gli investimenti aziendali in reward (talvolta, anche a fronte di package retributivi di buon livello), lasciando, inoltre, che questi aspetti siano sempre mediati e gestiti da interlocutori, quali, per esempio, i sindacati, non sempre motivati, per ovvie ragioni negoziali e di posizionamento, a riconoscere a pieno il valore delle le politiche retributive aziendali e a comunicarlo.
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