Total Reward: su quale quadrante investire?
Compensation, benefit, ambiente di lavoro o sviluppo: quale conta di più per l’azienda?
Una buona offerta economica? Serve, ma da sola non basta. Un’azienda che vuole trattenere o attirare al suo interno una risorsa valida oggi mette sul piatto più benefit, monetari e non. Cerca di diversificarli, renderli flessibili, su misura dei dipendenti. Sono partite le grandi aziende multinazionali e non, ma adesso questo approccio si sta diffondendo a macchia d’olio anche sulle piccole e medie imprese. Tutte queste realtà hanno introdotto e perfezionato sistemi di retribuzione, dirette e indirette, per coinvolgere e motivare le persone a migliorare la propria performance determinando effetti positivi sia a livello individuale che aziendale. In termini tecnici, questo tipo di approccio si chiama di “total reward” ovvero quella costruzione di un piano per i dipendenti in cui vengono esaminati ed offerti tutti gli elementi di retribuzione: compensation, benefit, ambiente di lavoro e sviluppo .
Come se ciascuna di queste aree di un ipotetico quadrante andasse a formare un mix perfetto capace di soddisfare sia il dipendente che l’azienda.
In poche parole se è fuor di dubbio il valore anche attrattivo e negoziale della parte di compensation ( sia fissa con retribuzione che variabile con i bonus e i premi di risultato) , non sono certamente da meno le opportunità di formazione, la possibilità di respirare un clima positivo negli ambienti di lavoro, i benefit e i programmi di welfare aziendale per sé e per le proprie famiglie. La motivazione delle risorse umane di un’azienda non è condizionata solo dagli aspetti economici, ma passa da tutta una serie di fattori. Inoltre è importante tenere presente che anche a livello sociologico le scelte dei lavoratori e la loro “ clusterizzazione “ sono caratterizzate da una forte ricerca di flessibilità, identificazione con i valori dell’azienda possibilità di incidere sui processi, requisiti sicuramente meno frequenti e determinanti solo quindici o venti anni fa.
Considerare un approccio secondo il modello di Total Reward aiuta dunque a definire una strategia integrata che interviene su tutte le leve, e nel contempo supporta le imprese nel comunicare e trasferire alle persone che lavorano al proprio interno il valore delle politiche già attuate, per fare sì che vengano riconosciute e diventino un elemento di soddisfazione e attrazione
La parola d’ordine , guarda caso, è flessibilità : non parliamo infatti di un modello rigido, ma di un approccio che consente un uso differenziato a seconda della dimensione dell’impresa, della cultura aziendale o della fase del ciclo di vita che l’azienda sta vivendo. Il modello può anche essere modulato sui differenti segmenti della popolazione aziendale, in modo da tarare l’offerta sulle esigenze delle generazioni, che sono per loro natura differenti. Ma può e deve essere anche valutato in base al particolare momento di vita della risorsa, delle sue priorità o per parlare in termini più tecnici dei suoi driver motivazionali .
Il Total Reward incoraggia infatti a rileggere con lenti nuove e potenti molte questioni della gestione delle persone, imponendo sicuramente modelli sfidanti anche e soprattutto per gli HR che devono dimenticare le logiche che hanno guidato, anche con successo magari, il mondo Compensation fino ad oggi. E smettere di fare qualcosa è sempre molto difficile.
Ma non solo : è necessario tornare ad un ascolto reale e autentico delle nostre risorse ascoltare attivamente le persone. L’ascolto attivo chiama in causa tutti i sensi. Non si ascolta attivamente se utilizziamo solo l’intelligenza cognitiva. D’altro canto abbiamo imparato ormai da decenni, che la razionalità umana è limitata, che gli uomini non sempre scelgono razionalmente, che le organizzazioni sono reti complesse di decisioni e piuttosto ambigue. Andando a rileggere Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith troviamo un passaggio veramente significativo : le persone alla fine desiderano sentirsi amate e utili.
Ma c’è di più, nella costruzione della propria identità, in una società liquida, dominata da modelli smart e agile, dove alcuni punti di riferimento non sono più coordinate assolute e demandate ad approcci negoziali collettivi ( si pensi alle rivendicazioni sindacali dei decenni scorsi ) l’individualismo e la personalizzazione dei pacchetti, per fasce di lavoratori o per bisogni, diventa elemento distintivo di grande forza.
Ecco che allora la componente emotiva e di soddisfazione non solo del ruolo che si ricopre all’interno in una azienda ma anche della possibilità di esprimersi e dare il proprio contributo in maniera coerente alla propria scala valoriale diventa un elemento che nelle scelte di un professionista assume il peso di un incremento di stipendio o di un altro benefit materiale.
E la nostra componente emotiva si nutre di competenze trasversali, di equilibrio e nervi saldi; importantissimo dunque è l’investimento che un’ azienda mette in campo dal punto di vista formativo : mantenere e sviluppare nuove competenze, mappare i bisogni e le aree di potenziamento e più in generale fornire ogni elemento utile alla crescita professionale e umana.
L’approccio del Total Reward, allora, è dunque anche una occasione per verificare quanto le funzioni HR sappiano ascoltare in profondità cosa muove una persona, quali sono le leve motivazionali che spingono una persona e non un’altra verso scelte e sfide professionali. La sfida che lancia è l’invito ad abbandonare la ricerca di scorciatoie che non portano da nessuna parte (gli incentivi, talvolta, rappresentano una scorciatoia pericolosa e fallace) per farci carico direttamente di comprendere le strutture motivazionali, i bisogni e le attese, le motivazioni e le preferenze di ciascuno.
La sfida più significativa che il Total Reward oggi lancia allo Human Resource Managament è quella che chiede di trovare risposte adeguate per gestire scambi più sofisticati e validi di quello meramente economico e funzionale al risultato. E’ il momento in cui la funzione HR può davvero fare la differenza e costruire la dimensione giusta per ogni risorsa che sia in grado di rispondere in maniera soddisfacente ai bisogni più materiali senza mettere in secondo piano le emozioni e le leve interne delle persone.
Quale professionista anche a fronte di un incremento di stipendio accetterebbe di svolgere un incarico che non lo soddisfa, motiva e fa sentire parte di un processo ? La parte economica che peso dovrebbe avere per compensare la demotivazione, la mancanza di passione in quello si fa, la perdita o la limitazione della propria professionalità?
Bisogna recuperare così la sapienza originaria del Total Reward, che prioritariamente non è quella di risparmiare sul costo del lavoro o cogliere le opportunità di efficienze fiscali offerte dalla legislazione. Certo, anche queste sono risultati importanti, costituendo benefici significativi da cogliere. Ma il cuore del Total Reward pulsa altrove e risiede nella preziosa capacità di ri-orientare radicalmente la gestione delle persone: verso un modello relazionale, fondato sulla conoscenza delle aspirazioni professionali e personali di gruppi e individui.
Anche il welfare aziendale, allora, i suoi piani e le sue iniziative, assumono un significato nuovo capace di arricchirne il significato per valorizzarlo quale componente significativa del Total Reward che va evidenziando lo spazio di una corrispettività più ampia nel lavoro entro la quale gestire uno scambio anche sociale. Una prospettiva che consente di lavorare – con leve più articolate – anche sull’engagement per ricercare quel coinvolgimento attivo delle persone capace di generare comportamenti extra ruolo, non richiesti e per nulla scontati. Quei comportamenti che possono fare davvero la differenza, anche in termini di performance e produttività e soprattutto di reputazione e attrattività per una azienda piuttosto che per un’altra.
Non esiste una formula magica né una ricetta perfetta per equilibrare perfettamente i quattro quadranti del Total Reward, ma esiste un elemento potente che fa da collante, che è la conoscenza delle persone, la volontà di ascoltare e capire i reali bisogni e le potenzialità di ciascuno e non da ultimo il coraggio di permettersi di poter sbagliare e aggiustare il tiro strada facendo…del resto a volte il fallimento è solo un passo in più verso il successo.
Responsabile Direzione Risorse Umane, Organizzazione e Logistica
Cassa di Risparmio di Cento