Le retribuzioni dei manager: politiche di prezzo e politiche retributive
Mi sembra che la politica retributiva, limitatamente alle azioni sulla parte non rimessa agli automatismi della contrattazione collettiva, non sia materia dissimile da quella della politica prezzi praticata in un mercato libero da qualsiasi impresa commerciale: a cominciare dal fatto che dipendono entrambe dalle compatibilità con gli obiettivi di margine, dalla concorrenza e, soprattutto, sono entrambe forme determinanti di comunicazione con i clienti e con i collaboratori.
Per quanto riguarda la costruzione di un pacchetto retributivo occorre concentrarsi, come già accennato, sulla sola parte non rimessa agli automatismi della contrattazione collettiva, la cui ampiezza, essendo negoziata in luoghi estranei al campo di azione dei manager, determina la rigidità del loro costo e riduce la loro efficacia.
Il paragone tra prezzi di vendita e retribuzioni, che spero non offenda nessuno, conferma che anche la prestazione di lavoro è una merce sottoposta alla legge della domanda e dell’offerta. Il che deve farci riflettere sul fatto che, come per qualunque merce, ai fini della convenienza percepita la componente immateriale spesso prevale su quella economica.
Inoltre, così come la definizione dei prezzi parte dal posizionamento delle famiglie di prodotti lungo una scala interna (lo scarto tra i primi prezzi, quelli dei prodotti a marchio del distributore, quelli dei prodotti leader e quelli dei prodotti premium) così la politica retributiva dei manager deve collocare i pacchetti retributivi individuali oltre che in funzione del peso delle posizioni anche a quello della posizione delle singole persone in funzione della loro criticità nell’organizzazione. Va da sé che entrambe le scale richiedono un aggiornamento costante in base all’andamento del mercato e della concorrenza.
Lo spazio di azione nelle Politiche di prezzo e in quelle retributive è determinato in entrambi i casi dalla politica di bilancio. Con una forte differenza però: mentre il sottostante di una scala prezzi è l’obiettivo di mix di margine complessivo da realizzare, lo spazio entro cui muoversi per gestire le retribuzioni dei manager è il margine effettivamente realizzato da cui trarre a consuntivo le quote da destinare alla retribuzione aggiuntiva a quella contrattuale secondo i pesi della scala interna, al lordo della parte già destinata a remunerare il raggiungimento degli obiettivi di salario variabile previsti, il cui peso a mio parere non dovrebbe essere inferiore al 10% della RAL, per avere una consistenza significativa, e non dovrebbe superare il 30% per non snaturare il rapporto di lavoro trasformandolo in una successione di obiettivi annuali.
A livello tattico un’altra similitudine tra le due politiche è l’importanza del monitoraggio costante della concorrenza, sia pure con una frequenza ed una reattività assai diverse. Perché così come errori nel posizionamento di prezzo fanno perdere clienti, fanno perdere margine e distruggono valore, così errori nella politica retributiva mettono a serio rischio il rapporto con le risorse umane. La perdita di immagine di convenienza è rapida, ma in entrambi i casi richiede tempi lunghissimi per essere recuperata. Occorre quindi posizionare i pacchetti retributivi in modo tale da “proteggere” le risorse chiave dell’organizzazione, così come si proteggono i prodotti core dell’assortimento. A questo fine il benchmark costantemente aggiornato con le retribuzioni correnti nel settore per dimensione d’impresa, contenuto della posizione e caratteristiche della persona è uno strumento irrinunciabile per qualunque politica retributiva.
Senza mai dimenticare, in questa operazione, che così come al cliente non interessa la composizione del prezzo ma solo ciò che alla fine paga in cassa, che infatti è l’unico dato di prezzo rilevato presso la concorrenza, quello che alla fine conta per noi tutti non è tanto la scala Hay che ci è stata assegnata, cosa che si digerisce in fretta, ma il nostro CU col quale facciamo quadrare i conti e i sogni. Quindi i confronti, gli interventi e le comunicazioni sul livello retributivo di ogni persona vanno fatti basandosi esclusivamente sulla RGA effettivamente percepita e non sulla RAL attribuita, per ridurre il rischio che venga perso di vista il suo valore e il suo costo effettivi.
A livello strategico politica di prezzo e politica retributiva condividono l’importanza della qualità dell’offerta. Infatti così come per i beni di largo e generale consumo la convenienza percepita dal cliente è data dalla compresenza di più fattori, di cui il prezzo è solo una delle componenti (le altre spesso preponderanti sono la trasparenza della comunicazione, la qualità, l’eticità, la sicurezza, la flessibilità dell’offerta, il valore delle prestazioni accessorie, la reputazione dell’insegna) così anche nel rapporto di lavoro la valutazione dello scambio è data dal bilanciamento di elementi in cui la paga è una componente importante ma non determinante. Al di sopra di un limite igienico che consenta di condurre una vita dignitosa (limite che un comico americano ha scherzosamente individuato nel “guadagnare un dollaro più del proprio cognato”) la componente predominante nella percezione è senza dubbio quella immateriale, che significativamente rientra nelle stesse, sopra citate, categorie immateriali che assieme al prezzo di fanno scegliere un prodotto anziché un altro.
Il pacchetto retributivo di un manager dovrà dunque soddisfare questi due requisiti: a livello strategico deve avere una quota molto importante di benefit con contenuto anche valoriale per attirare e fidelizzare le risorse (formazione personalizzata, welfare, coinvolgimento nel processo decisionale, benefit estesi al nucleo famigliare, assicurazione integrativa, …); a livello tattico deve avere una componente economica flessibile, al netto dei premi di produzione, che consenta di ritoccare il reddito complessivo effettivo in base all’andamento di mercato senza intaccarne la struttura fissa (premi una tantum, premi di risultato, importi ad personam assorbibili erogati quale anticipo sui futuri aumenti contrattuali in qualunque sede contratti) per conservare il più a lungo possibile le risorse migliori nelle posizioni critiche e assecondare il naturale turn over nelle altre.
Vi è però un elemento sul quale non si può, e non si deve, trovare alcuna similitudine tra politica di prezzo e politica retributiva: si tratta della promozionalità, sempre di più parte integrante della percezione (drogata) di convenienza di un’insegna. Questa leva, che rende chiassosa e precaria l’offerta ed erode il rapporto di fedeltà col cliente chiedendogli di fare scelte mercenarie, la lasciamo ai colleghi del marketing, e qui tracciamo il confine oltre il quale è bene non portare il confronto.
Responsabile delle Politiche del Personale - Coop Liguria Divisione Ipermercati