Sistemi incentivanti: Trovare la giusta moneta
Quando un team HR analizza diversi rapporti sui temi retribuzione, prestazione, soddisfazione sul lavoro (vedasi – fra gli altri – il Salary Satisfaction Report 2019 – JP), cercando confronti e conforti sulle sue politiche di gestione, trova ormai costanti evidenze ai seguenti punti:
- I lavoratori soddisfatti sono quelli che percepiscono un legame coerente fra la propria retribuzione e prestazione professionale svolta (in termini di risultati e comportamenti vincenti);
- La retribuzione fissa è determinante nella scelta di un posto di lavoro, ma nel lungo periodo conta l’attenzione all’equilibrio vita privata-lavoro, ad un clima aziendale positivo e caratterizzato da buoni rapporti con colleghi e superiori, allo svolgimento di attività ad alto valore aggiunto e con prospettive di sviluppo;
- I sistemi di gestione e monitoraggio della prestazione devono stare al passo rispetto ad attività spesso slegate da tempi “tradizionali” (trimestre/semestre/anno/giornata di 8 ore) e a risultati intangibili, non evidenziabili solo in termini numerici (si pensi a chi lavora a progetti di innovazione e alle professionalità basate su forti componenti relazionali).
Come può, quindi, un volenteroso team HR seguire queste evidenze per promuovere un contesto aziendale atto a rendere le persone soddisfatte e motivate a raggiungere obiettivi sempre più sfidanti?
La tentazione potrebbe essere di proporre o costruire diversi sistemi d’incentivazione, garantendoli magari già in fase di assunzione o tentando di estenderli il più possibile. Capita, però, di trovarsi a comunicare incentivi e riconoscimenti a persone che poi paiono deluse o scontente di riceverli: il manager si trova nella ‘incredibile’ situazione di non incontrare la spinta motivazionale e la soddisfazione proprio di chi intende valorizzare e premiare.
Lo sforzo di costruzione ed erogazione di un sistema incentivante rischia di essere vano se, in partenza, la persona percepisce incoerenza e sproporzione nella sua retribuzione fissa rispetto all’energia profusa, al contesto interno e a quello esterno. La meritocrazia e la percezione di equità interna sono ancora temi caldi davanti ai distributori di caffè di tantissime aziende. Vale la pena, quindi, congelare per un momento i tanti strumenti di incentivazione per rendere prima ben chiara e definita la nostra politica retributiva. Solo se consolidiamo la percezione di adeguatezza (sono pagato sufficientemente rispetto alla mia posizione e al mio lavoro), possiamo poi andare a lavorare sul riconoscimento di quel “di più” che la persona può fare. Salvo vincoli contrattuali, su strumenti e sistemi incentivanti può valere il principio “meglio pochi ma buoni”.
Le restanti due evidenze di cui sopra portano in primo piano l’idea che componente variabile e incentivi, da un lato, non possano esaurirsi in ricompense monetarie (efficaci statisticamente per qualche mese), e dall’altro che per riconoscere adeguatamente il maggior contributo della persona al lavoro si debba prestare più attenzione ai criteri di merito e di tempo con cui lo si valuta. L’individuo assume determinati comportamenti perché mosso dal desiderio di attivare le proprie capacità, di sentire di farcela, di essere competente rispetto a un compito. Ed è mosso a operare se non distratto da altri pensieri quali difficoltà nel privato o nelle relazioni interpersonali sul posto di lavoro. Quello variabile è un incentivo economico importante per rinforzare un comportamento, non per determinarlo: è un acceleratore, non può essere il motore.
Se quanto sopra risulta chiaro agli addetti ai lavori HR che operano spesso come terza parte rispetto alle quotidiane peculiarità delle diverse aree aziendali, come portare a bordo di capi, “schiacciati” fra le tante incombenze legate al gestire e valorizzare le risorse e il pressing sul raggiungimento degli obiettivi di business? Comunicare, comunicare, comunicare, con i responsabili e con i destinatari delle politiche incentivanti: spiegare in modo chiaro ma senza perdersi nei tecnicismi le logiche di incentivazione che l’azienda persegue e i più efficaci strumenti cui ricorre (con schemi relativamente semplici quali, ad esempio, la merit matrix). Vista l’attenzione sempre maggiore oggi, da parte del personale, alle prospettive di sviluppo e alla valorizzazione di tutto il “pacchetto” di vita aziendale, pensare come sistema incentivante (e chiamarlo così quando se ne parla!) un percorso di alta formazione, un piano dedicato di job rotation, un’esperienza di lavoro su progetto di innovazione o strategico, un’iniziativa legata al benessere: questo può generare leve che muovono la motivazione in modo profondo.
Per motivare al miglioramento di una prestazione, bisogna certo pagare di più: l’esperienza mostra che spesso, però, la moneta di scambio non è quella che si conta in valuta. Trovare la giusta “moneta” è un obiettivo che HR e capi devono perseguire insieme perché l’azienda sappia attrarre, trattenere, motivare con successo e, soprattutto, con continuità.
Organization & HR Development Fagioli SpA