L'OCSE BACCHETTA L'ITALIA: "IL MERCATO DEL LAVORO E' TROPPO PRECARIO"
“Le imprese tendono ancora ad assumere lavoratori giovani e inesperti solo attraverso contratti a tempo determinato. La quota di nuovi assunti con tale contratto è pari al 70%, una delle più elevate tra i paesi Ocse”. La fotografia scattata dall’organizzazione dei Paesi più industrializzati del mondo è impietosa e restituisce l’immagine di un mercato del lavoro italiano caratterizzato da un’estesa e ormai sistematica precarietà.
Ma stando agli impietosi numeri riportati nell’edizione 2014 dell’Employment Outlook, quello dell’eccessivo ricorso a contratti di lavoro atipici non è l’unico problema. Nel report si legge infatti che “il lavoro in Italia sembra essere caratterizzato da un basso livello di sicurezza, a causa dell’elevato rischio di disoccupazione”, a cui per altro si aggiunge un “sistema di protezione sociale caratterizzato, rispetto alla media Ocse, da un tasso di copertura relativamente ridotto e da un contributo economico poco generoso per gli aventi diritto”. Insomma, non solo poca sicurezza di mantenere il proprio posto di lavoro, ma anche un sistema di ammortizzatori sociali che non copre tutta la platea dei lavoratori e che in ogni caso è insufficiente anche per i fortunati che possono usufruirne.
Il tutto si inserisce in quadro che vede il tasso di disoccupazione crescere ancora fino a raggiungere il 12,6% nel luglio 2014 – 2,4 punti percentuali sopra la media UE – mentre risulta occupata soltanto il 55,5% della popolazione in età da lavoro. Un dato che ci vede al quart’ultimo posto in classifica, preceduti soltanto da Grecia (ultima con il 27,3%), Spagna (25,3%) e Portogallo (14%).
Un altro dato estremamente preoccupante è quello sulla disoccupazione giovanile, la cui crescita è stata particolarmente rapida in Italia, dove il tasso è raddoppiato dal 2007 per raggiungere il 43.4% nel secondo trimestre del 2014. Questa tendenza si accompagna con l’ancor più preoccupante aumento dei giovani inattivi e che non frequentano corsi d’istruzione, i cosiddetti “Neet” (Not in education, employment or training). La quota di questi ultimi è infatti salita di 6,1 punti percentuali, raggiungendo il 22,4% alla fine del 2013. Una dinamica che, secondo il rapporto, “contrasta con quella della maggior parte dei paesi Ocse, in cui i giovani hanno reagito alle scarse prospettive occupazionali aumentando l’investimento in istruzione”.
Per cercare di porre rimedio a questa che rappresenta una vera emergenza per il Paese, secondo l’Ocse è importante che il “Jobs Act” “sia approvato e reso operativo rapidamente, in modo da ridurre i costi di licenziamento e, in particolare, ridurre l’incertezza sull’esito dei licenziamenti economici”. E in questo caso l’organizzazione entra a gamba tesa anche sull’attuale dibattito attorno all’art. 18, indicando come “un’opzione sul tavolo consiste nella sostituzione (salvo nel caso di discriminazione) del diritto di reinserimento con un’indennità crescente con l’anzianità di servizio”. Tuttavia, conclude il rapporto, “tali nuove norme dovrebbero essere applicate allo stesso modo per l’interruzione di contratti permanenti e temporanei”.
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