La retribuzione nei nuovi rapporti di lavoro della GIG Economy. Il caso del Food Delivery
Non vi è dubbio che l’evoluzione tecnologica e, in particolare, la diffusione di applicazioni che, sfruttando il web, consentono un’immediatezza di relazioni annullando tempi e distanze, ha determinato un notevole cambiamento anche dei rapporti di lavoro, rendendo in qualche modo desuete le categorie tradizionali.
Come è stato da molti osservato, le piattaforme digitali, hanno trasformato il prestatore di lavoro, che prima era dipendente dell’impresa fornitrice di un servizio, in un lavoratore autonomo, parcellizzando la sua attività in molteplici singole prestazioni anche per più committenti.
Questa trasformazione ha inciso anche sul piano retributivo posto che i compensi si sono presto allontanati dal paradigma classico del salario fisso a tempo per diventare variabili e in proporzione ai servizi resi: il caso che mediaticamente è passato alla ribalta è quello delle piattaforme del food delivery in cui il compenso è un cottimo puro (ossia a consegna) o un cottimo misto, nel quale il compenso è determinato in parte su base oraria e in parte sulla base della distanza percorsa, oltre al riconoscimento di bonus commisurati alla quantità e qualità del servizio svolto.
Lo spostamento del rischio della mancata prestazione dal committente al prestatore d’opera (che può certamente decidere se e quando lavorare ma è altrettanto chiaro che, se decide di lavorare, non è certo di ricevere degli incarichi) e la possibilità che il compenso possa essere inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, ha riacceso il dibattito sul salario minimo legale, essendo ormai chiaro che risulta impossibile (o comunque estremamente difficile) applicare i minimi per la via della qualificazione del rapporto come subordinato.
A conferma di ciò, può osservarsi che la giurisprudenza (invero scarsa finora) che si è occupata del tema ha escluso che tali rapporti possano essere considerati come subordinati e per applicare i minimi della contrattazione collettiva ha dovuto affermare, con una sentenza molto discussa, che i c.d. riders (ossia i fattorini delle piattaforme del food delivery) fossero dei collaboratori c.d. eteroorganizzati a cui si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato (per effetto dell’art. 2 del dlgs 81/2015).
Il dibattito non può però dirsi chiuso poiché altre sentenze hanno invece raggiunto conclusioni opposte, escludendo l’applicazione dei minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva, sicché è ancora aperta la questione della previsione di un salario minimo legale che vincoli le parti indipendentemente dalla qualificazione del rapporto di lavoro in termini di subordinazione (o eteroorganizzazione).
La questione appare molto delicata posto che, differentemente da altri paesi europei, in Italia l’idea del salario minimo legale è sempre stata avversata dai sindacati che hanno rivendicato e rivendicano tutt’ora la centralità della contrattazione collettiva per regolare la materia.
Tuttavia è noto che la contrattazione collettiva, al di fuori del perimetro della subordinazione, è intervenuta di rado a disciplinare rapporti di collaborazione autonoma (si veda ad esempio il caso delle co.co.co. in materia di call center, sulla base la delega contenuta nell’art. 2 Dlgs 81/2015 ovvero la disciplina degli accordi economici collettivi in materia di agenzia).
Certamente, al di fuori di un’espressa previsione legislativa, la contrattazione collettiva non è in grado di introdurre dei minimi vincolanti per le parti, senza contare che intese tra rappresentanti dei lavoratori autonomi e imprese potrebbero sollevare problemi di compatibilità con il diritto della concorrenza di matrice comunitaria.
Volendo comunque tracciare qualche indicazione di come potrebbe configurarsi la previsione di un compenso minimo legale per le prestazioni di lavoro autonomo nell’ambito della Gig Economy, certamente questo minimo per rispettare pienamente la natura autonoma del rapporto dovrebbe essere parametrato a consegna e non a tempo. Ove invece fosse fissato a tempo, non vi è dubbio che lo stesso non possa escludere a priori, come invece è stato affermato, che sia integrato con un compenso a prestazione (ossia il cd cottimo misto), altrimenti si finirebbe per snaturare l’autonomia del rapporto di lavoro nel quale, come indicato nell’art 2225 c.c., è strutturale che il compenso sia commisurato alla prestazione svolta e non alla mera disponibilità di tempo.
Inoltre, non vi è dubbio che la previsione di un minimo orario non possa essere superiore a quanto previsto dalla contrattazione collettiva per attività analoghe che siano svolte in regime di subordinazione posto che non si comprenderebbe per quale ragione trattare in modo identico situazioni diverse: il “rider” che effettua le consegne in regime di subordinazione ha l’obbligo di essere a disposizione del datore di lavoro, non può ovviamente rifiutarsi di effettuare le consegne e non può lavorare per altri datori di lavoro in concorrenza. Tutti obblighi che sono assenti nel caso di rider che esegue le consegne in regime di lavoro autonomo e che giustificano un diverso trattamento retributivo.
L'avv. Francesco Tanca è iscritto all’albo degli avvocati di Milano dal gennaio 2000 ed è abilitato alle giurisdizioni superiori dal 2013. Nell’ottobre 2005 costituisce con l’avv. Mattia Lettieri lo Studio Lettieri&Tanca, boutique specializzata in diritto del lavoro.