Il DL Dignità: il contratto a tempo determinato e la somministrazione a tempo determinato
Il DL Dignità: il contratto a tempo determinato e la somministrazione a tempo determinato
Preceduto da un’importante campagna mediatica che aveva lasciato intendere interventi ben più significativi, il Governo ha pubblicato il DL 87/2018 (c.d. DL “Dignità”), concentrandosi in particolare sul contratto a tempo determinato (e quindi sulla somministrazione a termine) oltre che sulle tutele indennitarie per i licenziamenti illegittimi in regime di tutele crescenti.
In attesa di vedere quali modifiche subirà il decreto legge nel percorso parlamentare di conversione del decreto, non vi è dubbio che lo scopo del DL sia di restringere e disincentivare il ricorso al contratto a termine mediante l’introduzione sia di limiti e condizioni più stringenti sia di costi ulteriori rispetto alla normativa precedente.
Il primo dato è che la possibilità di stipulare contratti a termine senza alcuna motivazione si riduce dagli attuali tre anni ad un anno.
È vero che potranno essere stipulati contratti a termine di durata superiore (ma comunque non oltre 24 mesi), ma solo se nel contratto saranno specificate le ragioni temporanee che dovranno essere estranee all’ordinaria attività lavorativa oppure connesse ad incrementi significativi e non prevedibili. Rimane ferma invece la possibilità di indicare una ragione sostitutiva.
Ora, a parte il caso della ragione sostitutiva, è agevole rendersi conto che la valutazione circa l’esistenza di una specifica ragione temporanea, essendo ancorata a parametri discrezionali e non oggettivi, comporterà un elevatissimo rischio di vertenza (come conferma l’esperienza dell’enorme contenzioso sviluppatosi nel vigore della precedente disciplina delle causali), il che costituisce di per sé un rilevante motivo per disincentivare il ricorso al contratto a termine per la durata superiore ad un anno.
Nonostante nelle prime bozze del decreto sembrava che le restrizioni si applicassero anche ai contratti stagionali, la versione pubblicata mantiene per questi la disciplina previgente, per cui potranno essere stipulati, prorogati e rinnovati senza causali anche oltre il limite dei 24 mesi.
Tornando alla disciplina generale, occorre poi fare attenzione che l’assenza di causale nel nuovo assetto normativo vale solo se il contratto dura 12 mesi continuativi (considerando il termine iniziale e le proroghe), non invece nel caso in cui il contratto iniziale sia rinnovato.
IL DL, infatti, impone che fin dal primo rinnovo (anche se entro la durata di un anno) sia necessario indicare le ragioni temporanee sopra indicate. E sempre per disincentivare si prevede altresì che ad ogni rinnovo il contributo dell’1,4% previsto per i contratti a termine sia aumentato dello 0,5%.
Quanto alle proroghe, come si è anticipato, se avvengono entro l’anno non devono essere motivate, se invece avvengono oltre l’anno devono indicare le ragioni temporanee. In ogni caso le proroghe non possono essere superiori a 4 (riducendosi cosi la possibilità rispetto alle 5 precedenti.
Non va poi dimenticato che la disciplina dei rinnovi e delle proroghe è immediatamente applicabile non avendo il decreto legge previsto alcuna disciplina transitoria (o almeno un rinvio dell’applicazione al momento della conversione), sicché occorre prestare particolare attenzione ai contratti a termine attualmente in essere e in particolare:
- se anche considerando rinnovi o proroghe si superano i due anni, occorrerà cessare definitivamente il rapporto (ovvero assumere a tempo indeterminato a tutele crescenti);
- se anche considerando rinnovi e proroghe non si superano i due anni ma si è già superato l’anno, ove si intenda prolungare il rapporto occorrerà farlo inserendo le causali di cui si è detto sopra (a condizione ovviamente che non si tratti di quinta proroga a questo punto non ammessa);
- se anche considerando le proroghe il rapporto è inferiore all’anno, potranno essere fatte delle proroghe a causali solo se non si supera l’anno, mentre il rinnovo dovrà essere necessariamente causale.
L’altra modifica rilevante è quella relativa ai termini di impugnazione stragiudiziale del contratto a termine che vengono allungati dagli attuali 120 giorni a 180 giorni. Se si considera che il termine poi per presentare la domanda giudiziale è di altri 180 giorni, si può notare come per il contratto a termine il regime delle decadenze sia molto meno stringente rispetto al licenziamento (60+180).
Venendo infine alla somministrazione a termine, occorre notare fin da subito che il legislatore ha sostanzialmente abbandonato la prospettiva di una disciplina autonoma rispetto al contratto a termine, prevedendone invece un rinvio quasi integrale alla disciplina oggi novellata. Tale meccanismo di rinvio pone tuttavia almeno due problemi.
In primo luogo, contrariamente alla precedente esperienza di somministrazione “causale” nella quale la causale legittimante la somministrazione, essendo riferita alle esigenze dell’utilizzatore, doveva essere contenuta nel contratto commerciale tra le due imprese, oggi per effetto del rinvio sembrerebbe che la causale debba essere contenuta nel contratto di somministrazione di lavoro. Con la conseguenza che le esigenze temporanee dovrebbero essere riferite all’APL, rendendo di fatto impossibile la somministrazione posto che si tratterebbe di esigenza per quanto temporanea riferibile alla ordinaria attività della APL.
Se questo errore del decreto può con buon senso essere superato riferendo come in passato le esigenze all’utilizzatore, maggiore attenzione invece deve essere posta alla questione del numero delle proroghe. A fronte di un limite massimo di 4 proroghe previsto nel decreto, il CCNL per le APL prevede invece 6 proroghe. Non vi è dubbio che in attesa della conversione, le APL e le aziende utilizzatrici dovranno fare molta attenzione non solo ad inserire la causale nelle proroghe (ove il contratto superi l’anno) ma anche al numero delle stesse, potendo anche ritenersi superata dal decreto legge la disciplina prevista dalla contrattazione collettiva.
Infine, per le agenzie di somministrazione si pone altresì un altro specifico problema che è quello relativo all’apparato sanzionatorio che non risulta modificato dal decreto legge e integrato con le “nuove” ipotesi di somministrazione irregolare. In particolare il lavoratore non potrà chiedere la costituzione del rapporto di lavoro nei confronti dell’utilizzatore ma “solo” la conversione in contratto a tempo indeterminato con l’APL per i casi di rinnovo/proroga senza causale ovvero superamento del limite dei 24 mesi.
L'avv. Francesco Tanca è iscritto all’albo degli avvocati di Milano dal gennaio 2000 ed è abilitato alle giurisdizioni superiori dal 2013. Nell’ottobre 2005 costituisce con l’avv. Mattia Lettieri lo Studio Lettieri&Tanca, boutique specializzata in diritto del lavoro.