Retribuzione e soddisfazione sul lavoro
quanto incide e come la retribuzione rispetto alla soddisfazione sul lavoro?
Partiamo da un presupposto chiaro, siamo ormai nell’epoca in cui la mera leva retributiva, intesa come parte monetizzabile del pacchetto di offerta ad un lavoratore, in termini di motivazione del personale non è più il solo e l’unico aspetto di rilievo.
Già di per sé il termine retribuzione risulta essere limitativo, perché circoscritto ad uno solo dei diversi aspetti che compongono l’ormai più diffuso “Total Reward”. Il concetto quindi, che tra le leve motivazionali dei lavoratori non ci possa essere la sola offerta economica pura, ha preso piede sempre di più negli ultimi anni, e trascinata dal consueto mercato del lavoro americano, ha ormai pienamente invaso anche noi.
I lavoratori di oggi, ed in particolare i cosiddetti Millenials, e dopo di loro gli Zoomer ed addirittura i Baby Zoomer, gli “ultimi arrivati” per così dire, in termini di anagrafica, ad affacciarsi al mercato del lavoro, chiedono ben altro nel pacchetto di offerta, ed imboccati da modelli di riferimento, principalmente dei colossi dell’ICT, leggasi Google, Twitter, Facebook, … domandano soprattutto: “sì ma oltre allo stipendio cos’altro mi offrite?”.
La domanda è puntuale ed apre un evidente dibattito in azienda, che non può fermarsi al solo momento della trattativa per portare a bordo soprattutto un talento. Bilanciamento vita-lavoro, lavoro smart, ambienti d’ufficio accattivanti, lavoro su progetti interni interessanti e dinamici, contesti internazionali e sfidanti, tipologia di rapporti tra colleghi e stili di leadership interna, superamento del concetto di lavoro per orari e non per obiettivi, sistemi di welfare interno evoluti e sempre più diffusi, formazione professionale e personale costante, ed ancora una mission aziendale particolarmente motivante, dei valori e dei contesti accattivanti e dinamici, la capacità dell’azienda di facilitare la vita di tutti i giorni (ad esempio non sono più rari contesti lavorativi in cui portare i propri figli, o i nostri animali domestici) tutto questo oggi pesa fortemente sulla soddisfazione, la motivazione, e per dirla all’inglese sull’engagement del nostro staff.
Certo, le leve più meramente economiche non possono che essere sempre un elemento essenziale, del resto permettono ancora di poter creare delle livellazioni di responsabilità e ruolo essenziali, ed in fondo sono la base della vita fuori dall’ufficio, ma la dove si rileva una corretta equità interna, meritocrazia nella crescita, trasparenza nei processi, il connubio salario elevato uguale dipendente ben motivato ed ingaggiato non è più un valore inequivocabile.
Gli esempi concreti, già solo soffermandoci al mercato Italia, che come di consueto arriva sempre uno step dopo alcuni cugini europei ed internazionali, sono palesi ed evidenti. Per citarne solo alcuni: il boom della richiesta e l’interessamento nel lavorare nel terzo settore, notoriamente indietro rispetto al profit in termini di rapporto ruolo-responsabilità-salario, ma capace di attrarre con mission di alto valore morale ed etico, il changing forte in termini “smart” di settori da sempre tradizionalisti e come dire: “sicuri”, come il bancario e l’assicurativo; sino ad arrivare addirittura ai primi timidi passi, anche nella PA verso un lavoro più “agile”.
Su questo la sfida del futuro del lavoro, un lavoro che sempre più si smarcherà dall’essere individuato all’interno di 4 mura d’ufficio, e che non potrà mai sostituire le persone, per quanto se ne dica, ma sostituirà le modalità con le quali, queste stesse persone, potranno offrire il loro contributo, ovviamente anche grazie alla tecnologia che ci permette di essere oggi “uni e trini” in termini di spazio e tempo. Questa la partita che deciderà nel mondo dell’azienda chi ce la farà davvero.