Definire il budget del personale
Definire il budget del personale rappresenta la sfida per antonomasia per gli specialisti dell’HR.
In un contesto di incertezza sia congiunturale che strategica o di business, di mancanza di informazioni (reale o “voluta” che sia), il cimentarsi nello sviluppare il budget del costo del lavoro per l’anno a venire di certo non è un’impresa facile per le risorse umane. Il tutto si amplifica se si commisura la probabilità di errore, di per sé non esigua, con l’impatto che lo stesso può avere sul risultato finale; a maggior ragione, infine, se “quel risultato” incide notevolmente sul totale dei costi aziendali.
La bravura di un HR sta tutta in questo punto; sapersi muovere, e saper giustificare “l’incertezza”.
Parlavamo di probabilità di errore. Errori tecnici, ovvero intrinseci alla modalità di elaborazione del budget del personale, ed errori di stima o valutazione. Entrambe le casistiche possono essere più o meno impattanti sul risultato finale. I primi, tuttavia, sono al giorno d’oggi abbastanza controllabili e, ad ogni modo, ridotti grazie alle potenzialità dei software di budgeting in dotazione alle aziende o ai consulenti del lavoro; la correttezza di un contributo, di un rateo, di una valorizzazione è pressoché certa e, in caso di anomalie, i tempi di intervento per correggere il dato sono assai ridotti.
Diverso è il discorso relativamente ai secondi. Errori di stima, di proiezioni, ipotesi errate, cambiamenti significativi non considerati. Tutte circostanze che possono portarci a “sbagliare” il budget.
Cosa fare, quindi, per contenere le probabilità di errore? Sicuramente la proceduralizzazione delle attività di budget aiuta, e non poco, gli operatori. Stabilire ed applicare, a livello di management, una procedura che identifichi quali informazioni trasmettere, le priorità di scelta, le modalità di trasmissione dei dati e le tempistiche richieste, garantirebbe agli specialisti HR la dovuta coerenza e robustezza relativamente alle ipotesi di budget effettuate. Ciò che non è stato considerato, quindi, o non è stato previsto o non è stato comunicato (o mal comunicato).
Altro aspetto, non di poco conto, l’individuazione delle priorità. Sta a noi operatori HR definire una semplice matrice “impatto-priorità” che ci permetta di individuare le voci di budget che sono più significative e per le quali, di conseguenza, “possiamo sbagliare di meno”. Prendiamo ad esempio la parte di retribuzione variabile erogata su larga scala a fronte di accordi di secondo livello (c.d. premi di risultato). È una voce che, in termini aziendali, può valere per diverse centinaia di migliaia di euro; per taluni centri di costo, quindi, una valutazione errata dell’impatto dei premi di risultato sul bilancio degli stessi può comportare una notevole discrepanza fra budget e consuntivo. Il principale problema, a tal proposito, sta nella difficoltà di prevedere il futuro andamento degli indici aziendali che, generalmente, determinano l’ammontare del premio. Per ovviare a grossolani errori è opportuno conoscere bene la struttura di calcolo dei premi, analizzare lo storico delle variabili, onde verificare la presenza di eventuali trend, e coinvolgere il management al fine di conoscere eventuali strategie di business future che possano avere un impatto significativo sugli indicatori. Tutto ciò rappresenta una priorità visto, per l’appunto, l’effetto in termini assoluti che la voce in questione può avere sul budget.
Altro aspetto significativo, sempre in tema di politiche retributive, è la definizione del budget aumenti e nuovi inserimenti. Qui, a nostro avviso, è un problema soprattutto di timing. Chi si cimenta nel budget del personale solitamente, quanto meno per aziende di una certa dimensione, lo fa in una finestra temporale che va da settembre a novembre di ogni anno, con riferimento all’anno successivo. Spesso e volentieri le ipotesi di costo relative a nuovi inserimenti, in primis, ma anche ad aumenti e bonus retributivi vengono “messi a budget” a fronte di congetture, di stime per centro di costo e/o per indicazioni ricevute dai responsabili di funzione. Il tutto va quadrato con il totale della spesa per aumenti/nuovi inserimenti definito dal management a livello globale oppure, bene che ci vada, per singolo centro di costo. Il primo problema che ne emerge sta nella differenza temporale fra il momento in cui vengono fatte le ipotesi di budget e il momento in cui le decisioni a tal fine vengono confermate, a fronte dell’applicazione della policy interna di rewarding (i due momenti non sempre coincidono, nemmeno nelle aziende di grandi dimensioni). L’azione correttiva più opportuna, anche in questo caso, sta nell’individuare una procedura che consenta di concentrare le due attività (ovvero le attività di budgeting e l’applicazione della policy) nello stesso periodo, al fine di limitare gli eventuali scostamenti alle mere eccezioni. Se ciò, per qualsivoglia motivo, non fosse applicabile ci viene in aiuto la solita matrice delle priorità, mediante la quale individuare le variazioni più significative in termini assoluti, sulle quali concentrare gli sforzi, e procedere con una stima accurata delle voci da imputare a budget. Ipotizzare l’inserimento di un direttore, piuttosto che di un responsabile di funzione o di uno specialista senior merita, infatti, un’analisi approfondita dei vari elementi retributivi, delle tempistiche di inserimento, di eventuali voci variabili, benefit e quant’altro, onde declinare il costo della risorsa nel maggior dettaglio possibile.
Per fare ciò è importante partire con il piede giusto, individuando gli “input” retributivi di determinate figure (job description della posizione, seniority, posizionamento sul mercato, composizione della retribuzione, turnover medio, etc.) ed allineandoli con gli output che gli operatori preposti al reperimento di tali figure, le società di recruiting, sono chiamati a fornirci. Non è una cosa banale, bensì determinante per una corretta politica di inserimento di personale: significa creare coerenza fra le ipotesi aziendali e la realtà del mercato. Il tutto senza dimenticare le aspettative del candidato che, spesso e volentieri, non sono depositate in nessun data base, se non nella testa dello stesso. D’altronde, come si diceva, operiamo nell’incertezza; un mondo in cui la statistica non sempre ci è d’aiuto e nel quale la competenza dello specialista è data anche dalla capacità di saper decidere, sempre e comunque, a prescindere dal livello di informazioni in suo possesso.