La negoziazione di patti in deroga alla legge e alla contrattazione collettiva per regolare la cessazione del rapporto di lavoro
Per chi si occupa di risorse umane e soprattutto di reclutamento e selezione delle risorse umane è fondamentale sapere come comporre l’offerta da proporre al possibile nuovo collaboratore. Se non vi sono dubbi che il punto di partenza debba necessariamente essere tutto ciò che riguarda gli aspetti retributivi, è altrettanto chiaro che accanto a questi, soprattutto a fronte dei mutamenti introdotti dalla riforma del Jobs Act (che hanno impattato anche sui contratti collettivi dei dirigenti), diventa importante avere consapevolezza di altri strumenti per formulare una proposta di assunzione attrattiva per il lavoratore, stante che abbandonare il vecchio posto di lavoro può significare abbandonare anche le tutele offerte dal sistema normativo previgente e in particolare dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (ovvero perdere i vantaggi acquisiti per l’anzianità aziendale).
E’ dunque possibile per l’azienda, specie per attrarre figure professionali altamente specializzate e difficili da trovare, concordare con il lavoratore candidato all’assunzione un patto in deroga alle disposizioni sulle tutele crescenti del D. Lgs. 23/2015,che può essere realizzato con diverse soluzioni.
Anzitutto, le parti possono negoziare in via pattizia il regime di stabilità reale prevedendo espressamente nel contratto di lavoro che sia applicabile una disciplina di miglior favore che ricalchi i contenuti delle tutele assicurate dall’articolo 18 St. Lav. (che – si badi – non può nemmeno per convenzione essere applicato direttamente poiché l’autonomia negoziale privata non ha alcun potere di rendere applicabile una disposizione di legge divenuta inapplicabile a fronte dell’introduzione del nuovo sistema normativo entrato in vigore il 7 marzo 2015).
Certamente nel caso di introduzione convenzionale del diritto alla ricostituzione del rapporto di lavoro, la regolamentazione concreta di tale diritto dovrà essere ricostruita a partire dal tenore della clausola pattizia non potendosi applicare neppure analogicamente la disciplina prevista dall’art. 18 (es. pagamento dei contributi medio tempore, esercizio opzione alternativa alla reintegra)
In secondo luogo potrà essere pattuito un diverso e maggiore importo delle indennità risarcitorie (es. innalzando l’indennità minima ovvero pattuendo un più rapido incremento delle mensilità in relazione all’anzianità aziendale)
Altre soluzioni a disposizione delle parti (così come naturalmente dell’autonomia collettiva) in tale prospettiva possono essere:
- Patto di stabilità ovvero clausole di durata minima garantita del contratto di lavoro a carico del datore di lavoro, in presenza delle quali in caso di recesso anticipato senza giusta causa sarà dovuto al lavoratore un risarcimento pari alla misura delle mensilità garantite in relazione alla scadenza della clausola pattuita. In questo caso si pone il problema del cumulo tra le tutele previste in caso di licenziamento illegittimo e quelle concordate con il patto di stabilità: vale a dire, in caso di licenziamento intimato prima della scadenza della clausola di durata minima che sia anche illegittimo, il lavoratore ha diritto ad entrambi i risarcimenti? si può sostenere che gli istituti in questione abbiano funzioni diverse e quindi entrambi i risarcimenti vadano mantenuti? in particolare, per i dirigenti, quanto dovuto per la violazione del patto di stabilità si cumula con indennità supplementare e preavviso dovuti qualora il licenziamento sia dichiarato illegittimo? Ancora una volta è necessario prestare la dovuta attenzione alla formulazione letterale delle clausole pattizie in modo da prevenire o potere risolvere eventuali dubbi interpretativi in merito al cumulo dei rispettivi trattamenti a favore del lavoratore.
- Clausole con cui si attribuisce in contratto al lavoratore di nuova assunzione una anzianità di servizio convenzionale più elevata in modo che possa ottenere il pagamento di un’indennità risarcitoria in misura maggiore di quella prevista dal Jobs Act per le tutele crescenti in funzione della durata del rapporto di lavoro.
- Patto di prolungamento del preavviso cioè previsione di un periodo di preavviso più lungo di quello contrattuale a carico del datore di lavoro in modo che il lavoratore in caso di licenziamento abbia un trattamento più favorevole.
In caso di operazioni societarie infragruppo che implichino la ricollocazione di lavoratori, inoltre, si può ricorrere anche all’istituto della cessione del contratto individuale di lavoro, che assicura la prosecuzione del rapporto senza soluzione di continuità, mantenendo il trattamento retributivo e normativo e l’anzianità di servizio maturata (si pensi al caso Novartis).
Altro genere di strumenti che possono essere utilizzati, specie con riferimento a figure apicali, sono le cd. clasuole paracadute ovvero diverse forme di “buonauscita” che vengono pattuite individualmente nel contratto di lavoro per il momento della cessazione del rapporto.
Nello specifico, è possibile concordare che il lavoratore (tipicamente il dirigente) riceva una somma significativa di denaro nel caso di cessazione del rapporto o trasferimento di azienda o altri eventi modificativi dell’assetto del rapporto di lavoro.
Su tale punto va precisato che in diversi settori regolamentati (in particolare bancario, assicurativo e società quotate in borsa) la normativa prevede che la quantificazione di tali somme sia limitata entro certi parametri (ad esempio: una percentuale stabilita del rapporto tra compenso fisso e compenso variabile) e che le medesime somme debbano essere ridotte o restituite dal dirigente qualora emerga anche successivamente alla cessazione del rapporto che le performance individuali (piano soggettivo) o aziendali (piano oggettivo) siano state diverse o abbiano addirittura concorso a determinare perdite o cagionare una situazione oggettiva che non consente la liquidazione delle somme prestabilite (c.d. clausole claw back). Sul fronte aziendale pare preferibile formulare tale tipologia di clausola, che deve essere inserita o espressamente richiamata nel contratto individuale di lavoro, in termini oggettivi, in modo da potere procedere alla riduzione o restituzione delle somme sulla base di situazioni oggettive a prescindere dalla prova di condotte personali e di elementi soggettivi in capo al lavoratore.
In sintesi, oltre alle ordinarie politiche retributive, che consentono indubbiamente alle aziende di attrarre nuove risorse con offerte di adeguati trattamenti economici, vi sono diverse soluzioni per esercitare la stessa forza attrattiva mettendo in campo strumenti di altra natura, capaci di offrire garanzie di tutela in deroga al sistema normativo vigente e/o di mantenere vecchie tutele in virtù del principio del trattamento di miglior favore del lavoratore, le quali costituiscono una forma di investimento delle aziende in capitale umano che si affianca a quello di natura prettamente economico-finanziaria.
L’Avv. Federica Pagani entra a far parte dello studio nel 2010, diventando socio nel 2016. Vanta una particolare specializzazione ed esperienza nel contenzioso giuslavoristico e previdenziale, nonché nell’assistenza e consulenza nella gestione del rapporto di lavoro di manager e top manager.