RETRIBUZIONE E BENEFIT NEL TOTAL REWARD
Non vi è dubbio che tra le politiche retributive i benefit rappresentino ancora oggi uno degli aspetti di maggior impatto per intercettare l’esigenza di andare oltre la semplice remunerazione del lavoro ed occuparsi invece del più generale tema della soddisfazione e del benessere del dipendente.
Dal punto di vista dell’inquadramento giuridico, i benefit altro non sono che una retribuzione in natura che può consistere in un bene ovvero in un servizio che si aggiunge alla retribuzione tradizionale in denaro.
La circostanza poi che si tratti di retribuzione (per quanto in natura) comporta, come è noto, diverse conseguenze sul piano giuslavoristico, fiscale e contributivo.
In altri termini, la natura retributiva del fringe benefit apre il tema dell’inclusione del valore monetario – da un lato – nella base di calcolo degli istituti indiretti o differiti (tipicamente il TFR ma non solo) e – dall’altro – nel computo della base imponibile ai fini fiscali e contributivi, precisando altresì che – almeno di recente – la spinta del legislatore fiscale e contributivo alla ampia diffusione di benefit, con conseguente aumento delle soglie di esenzione dall’imponibile fiscale e contributivo, non ha comportato di per sé la perdita della natura retributiva dell’erogazione sul piano della disciplina del rapporto di lavoro.
Sotto questo profilo, va infatti considerata la notevole differenza che sussiste tra i benefit individuali (come ad es. automobile, alloggio, smartphone, tablet, polizze danni, malattia, infortuni, vita) e i benefit collettivi (tipicamente legati alle c.d. prestazioni di welfare), i quali, perché erogati alla generalità dei dipendenti, godono di uno speciale trattamento fiscale (e contributivo, se erogati in sostituzione di premi riconosciuti ai lavoratori in attuazione di un accordo sindacale).
Nell’ambito delle c.d. prestazioni di welfare latamente intese, non tutte le erogazioni sono riconducibili alla nozione di retribuzione: per esempio i contributi alla previdenza complementare devono ormai considerarsi pacificamente esclusi dalla retribuzione annua lorda e pertanto non incidono sulla base di calcolo del TFR, attesa la loro natura previdenziale (alla stregua dei contributi INPS) e non retributiva.
Inoltre la natura retributiva del benefit porta con sé un altro grande principio, ossia quello dell’irriducibilità del trattamento retributivo che oggi, sia pure nella forma attenuata del nuovo 2103 c.c., che consente accordi di riduzione dello stipendio purché stipulati nelle sedi protette di cui all’art. 2113 c.c., continua a rendere nulle disposizioni unilaterali di modifica in peius del trattamento retributivo (ossia revoche unilaterali dei benefit).
Da questo punto di vista appare importante distinguere i benefit che costituiscono parte fissa della retribuzione annua lorda (ad es. l’autovettura) dai benefit che invece vengono riconosciuti all’esito della scelta del lavoratore di convertire il premio in c.d. prestazioni di welfare (sul punto vedi l’articolo I contratti collettivi e l’opzione Welfare – luglio 2016): solo nel primo caso il benefit può considerarsi parte della retribuzione annua lorda, mentre nel secondo l’erogazione è meramente eventuale in dipendenza del raggiungimento degli obiettivi indicati nell’accordo sindacale.
Dai benefit come sopra intesi vanno poi distinti gli strumenti di lavoro che occasionalmente possono costituire un benefit, come ad esempio l’autovettura ovvero lo smartphone per il quale si consenta l’utilizzo anche per scopi non lavorativi.
In definitiva, l’attribuzione della natura dell’erogazione del bene o del servizio viene ricostruita facendo riferimento anzitutto al documento che viene redatto dal datore di lavoro al momento in cui il bene viene consegnato o il servizio viene riconosciuto e poi dal concreto trattamento del benefit nel corso del rapporto.
Per quanto riguarda i beni (dall’autovettura o apparecchi tecnologici come smartphone, tablet, pc), tipicamente si distingue tra l’attribuzione come bene strumentale, quando nel documento di consegna si precisa che il bene deve essere inteso esclusivamente come strumento di lavoro, in uso promiscuo, ossia quando è concesso anche l’utilizzo per ragioni extra professionali, ed infine come fringe benefit, ossia quando il bene è concesso esclusivamente per uso personale.
È bene chiarire che nell’ipotesi in cui si precisi che il bene costituisca esclusivamente uno strumento di lavoro, occorre ulteriormente specificare se l’uso personale sia vietato (ed eventualmente passibile di sanzione disciplinare) oppure concesso (in questo caso a fronte di un corrispettivo che il lavoratore deve riconoscere al datore e che troverà concreta realizzazione mediante una trattenuta in busta paga). Diversamente, anche se indicato in altra maniera nella lettera di attribuzione del bene, l’uso personale di fatto del bene converte l’attribuzione da mero strumento di lavoro ad uso promiscuo, con l’obbligo di inserire in busta paga il controvalore monetario dell’uso personale al fine di assoggettarlo a tassazione e contribuzione.
Infine occorre ricordare che l’uso promiscuo del bene (come ovviamente nel caso di fringe benefit puro) rende lo stesso assoggettabile alla disciplina sostanziale della retribuzione e in particolare al principio della irriducibilità della stessa. Ne consegue che nel caso di revoca del benefit in corso di rapporto, ove non sia prevista tale facoltà nella lettera di attribuzione del bene, essa potrebbe essere dichiarata nulla per violazione dell’art. 2103 c.c. In tale caso il datore di lavoro potrebbe essere condannato a restituire il benefit revocato ovvero a corrispondere l’equivalente economico dell’uso personale del bene (che attenzione non necessariamente sarà quello forfettario utilizzato ai fini fiscali e contributivi, ma quello più alto rappresentato dall’effettivo valore di mercato dell’utilità persa). Analogamente deve dirsi nel caso di modifica in corso di rapporto con un bene di valore inferiore.
L'avv. Francesco Tanca è iscritto all’albo degli avvocati di Milano dal gennaio 2000 ed è abilitato alle giurisdizioni superiori dal 2013. Nell’ottobre 2005 costituisce con l’avv. Mattia Lettieri lo Studio Lettieri&Tanca, boutique specializzata in diritto del lavoro.