I BUONI PROPOSITI PER L'ANNO FUTURO: PARTECIPAZIONE, FLESSIBILITA' E VARIABILE
Sul portale Monitor Venezie Post sono stati pubblicati alcuni articoli le cui riflessioni prendono spunto dai risultati di un’intervista condotta nel primo semestre del 2015 su 1.056 lavoratori dipendenti del settore privato in tutta Italia dall’Osservatorio Job Pricing, il Salary Satisfaction Report 2015.
Il Direttore del Personale di Marzotto Group Luca Vignaga, il Presidente AIDP Triveneto Giovanni Giuriato ed il Professore di Organizzazione Aziendale dell’Università di Padova e Direttore scientifico dell’Area Imprenditorialità di CUOA Business School Paolo Gubitta esprimono il proprio pensiero su alcune tematiche emerse nel report in relazione alle specificità delle Venezie e più in generale, alle tendenze del territorio italiano.
Il cappello introduttivo presenta un panorama in cui le retribuzioni non hanno subito complessivamente variazioni significative negli ultimi anni, ad eccezione della contrazione che ha interessato quelle dei dirigenti: “ci sono meno posizioni di tale livello in seguito alla crisi ed i dirigenti rimasti o i nuovi entrati hanno dovuto adattarsi a livelli retributivi inferiori. I salari degli impiegati e degli operai invece, essendo legati a dinamiche contrattuali, hanno visto addirittura lievi incrementi” specifica Giuriato.
Il Presidente AIDP Triveneto si concentra poi sui parametri che hanno registrato il valore più basso di soddisfazione nell’indagine: la meritocrazia ed il legame tra retribuzione e performance, due aspetti legati fra loro, insieme alla trasparenza. “Come direttore del personale, sostiene con forza Vignaga, credo si imponga una riflessione su come non siamo ancora riusciti a comunicare in maniera efficace verso i dipendenti: costruiamo sistemi teoricamente perfetti di determinazione e valutazione degli obiettivi, della performance e quant’altro, che spesso però sono poco chiari ai nostri collaboratori. Per non parlare della meritocrazia, dato che i percorsi di crescita in azienda sono perlopiù nebulosi o addirittura assenti. Per cui è necessario chiederci se questi sistemi siano davvero validi, comprensibili e compresi, e creare una maggior condivisione e partecipazione invece che lavorare solo su una logica top-down”.
Luca Vignaga porta l’attenzione all’evidente richiesta di una leva aggiuntiva alla retribuzione fissa: “per metà degli intervistati si tratta di uno stipendio variabile individuale, ma ben più consistenti risultano le percentuali di chi vuole incentivi a lungo termine (53%), bonus o gratifiche a fine anno (54%), benefit e servizi ai dipendenti (56%) o altri premi non monetari (61%). In particolare sono stati sorprendenti questi ultimi due risultati, per me che lavoro in un gruppo che dagli anni ’20 pensa ad adeguate politiche sociali per i propri dipendenti oltre che alla paga: vuol dire che si dà ampia importanza al benessere dentro e fuori l’azienda. Ma significa pure che la meritocrazia costituisce un forte valore per molti”.
Tuttavia, la meritocrazia sancita dalla variabilità delle paghe non è la direzione intrapresa dall’Italia, perlomeno non per impiegati e operai. E sulla valorizzazione delle risorse più meritevoli si riallaccia la riflessione di Gubitta.
La flessibilità in questo senso può diventare una leva per l’attrazione o il mantenimento/coinvolgimento dei talenti: “chi, se non le persone qualificate, possono dare un futuro a queste realtà [le neofabbriche delle Venezie, ndr]? Ma le intelligenze, le competenze e l’ingegno si pagano lautamente, altrimenti si spostano”. O per meglio esprimere un concetto, più evoluto, in realtà le persone vanno “valorizzate lautamente”, piuttosto che pagare solo stipendi più alti”.
Per portare a compimento la flessibilità retributiva “urge un cambio di passo sul fronte imprenditoriale. Solo le imprese dotate di moderni strumenti manageriali per il controllo di gestione e la reportistica economico, finanziaria e competitiva e disponibili a condividere le informazioni utili con i collaboratori possono permettersi di proporre piani di variabilità retributiva ben fatti. Chi adotta una strategia di gestione delle risorse umane che valorizza le persone intelligenti, competenti e disponibili ad impegnarsi sa che bisogna mettersi sul loro stesso piano: che non è il piano terra. Tutti gli altri invece si ostineranno solo a dire che il nocciolo della questione è l’eccessivo costo del lavoro nel nostro Paese e la mancanza di incentivi fiscali”.
Gubitta conclude con un approfondimento sul ruolo degli incentivi di lungo periodo nel pacchetto retributivo e sull’impatto positivo che essi hanno sulla soddisfazione percepita: “tra i vantaggi di questa logica di incentivazione c’è quello di sostenere i cosiddetti “investimenti specifici in capitale umano”. Chi ha un concreto interesse (economico) a collaborare in azienda con un ampio orizzonte temporale è molto più propenso a sviluppare competenze e relazioni che servono proprio (e, a volte, solo) in quell’impresa, con potenziali benefici effetti sulle performance.
Il portafoglio di strumenti per realizzare l’obiettivo è ampio e ben definito dalle pratiche manageriali. Al suo interno troviamo anche l’opzione di diventare proprietario di una parte dell’impresa. La resistenza ideologica a questo tipo di partecipazione non è ancora in rapida e inesorabile estinzione, ma ho buoni motivi teorici per pensare che sia solo questione di tempo.
Chi, se non il gruppo dirigente che con intelligenza, competenza e impegno lavora gomito a gomito con l’imprenditore ed è artefice di successi (ed insuccessi) dovrebbe avere la proprietà (condivisa) dell’impresa? È questa la strada da battere. E sarà anche la via per riportare le imprese industriali ai vertici della soddisfazione percepita nel pacchetto retributivo”.
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