Il dibattito sulle politiche di employee engagement, sulla capacità cioè delle aziende di creare un contesto lavorativo in cui i dipendenti si sentano parte dei progetti aziendali e siano perciò disposti a dare il meglio di sé per il loro raggiungimento, è quanto mai acceso. In uno scenario competitivo sempre più stringente, l’azienda che vince è, infatti, sempre più quella che riesce a mettere a valore le risorse umane a disposizione, a sprigionare i talenti delle persone, a creare quel contesto di trasparenza e collaborazione per cui ognuno ha desiderio di andare oltre i contenuti della propria job description, per fornire un contributo di idee, passione e creatività che può solo essere discrezionale. In questa prospettiva, un passo importante è la definizione di una politica chiara e condivisa, che punti a riconoscere e premiare il merito. In linea generale, un sistema premiante che punti all’ingaggio del personale deve essere inclusivo, meritocratico e trasparente.
L’inclusione assicura infatti che ci sia una possibilità per tutto il personale (e quindi non solo per i livelli “top” o specifiche funzioni aziendali) di accedere al sistema premiante, se si raggiungono risultati che vanno oltre le aspettative per il proprio ruolo. Questo fattore non solo è un potente fattore motivazionale a livello individuale, ma influenza positivamente il clima organizzativo e stimola la collaborazione tra le varie funzioni e livelli aziendali. La possibilità di differenziare in modo significativo i premi assegnati in base al contributo individuale permette invece di evitare le logiche scarsamente efficaci di distribuzione a pioggia, e di rendere tangibile e immediato il ritorno dell’investimento fatto per raggiungere un risultato eccellente, incentivando a ripetere in futuro il medesimo comportamento virtuoso. La comunicazione trasparente e la celebrazione dei top performer ha invece la funzione di promuovere una cultura meritocratica e di favorire la visibilità dei “role model” da seguire.
Un sistema premiante inclusivo, meritocratico e trasparente rappresenta quindi un importante strumento per una moderna ed efficace gestione del personale. Tuttavia i veri protagonisti del successo o dell’insuccesso di una politica meritocratica sono coloro che hanno la responsabilità di utilizzare correttamente tale strumento, cioè i manager. Al manager spetta in ultima analisi la valutazione del contributo di ogni persona, del cosa e del come, dei risultati e dei valori con i quali si sono raggiunti. A questo proposito, conviene sgombrare il campo da un equivoco comune, e cioè che il riconoscimento del merito debba essere basato solamente su criteri e metriche oggettive. Una tale impostazione, oltre ad essere difficilmente applicabile ad alcuni ruoli aziendali, il cui contributo atteso è difficilmente collegabile a metriche quantitative, comporterebbe un pesante fardello di ingegnerizzazione del processo di valutazione, senza peraltro garantirne l’equità. Per converso, non è pensabile che si possa prescindere da una oggettiva valutazione degli obiettivi effettivamente raggiunti, fatta a partire dall’esame di alcune (poche) metriche oggettive definite a priori. Né si può negare che un approccio sbilanciato a favore della componente soggettiva comporti grandi rischi di iniquità e distorsioni.
In base a tali considerazioni sembra possibile concludere che la valutazione della performance effettuata dal manager sia una valutazione soggettiva, che poggia su un insieme quanto più possibile ricco e circostanziato di elementi oggettivi. In quest’ambito, l’eccellenza manageriale è quindi quel mix di capacità e sensibilità, di competenze ed esperienze, che consente appunto di riconoscere e “pesare” il contributo dei singoli in relazione a un risultato collettivo. Cosa non semplice in contesti organizzativi complessi come quelli attuali. Al responsabile di un gruppo di lavoro è infatti richiesto di osservare direttamente e indirettamente la molteplicità dei contributi e dei comportamenti dei suoi collaboratori, ricomponendo un puzzle unitario e coerente con l’obiettivo di una valutazione equa e meritocratica per tutti.
La formazione e preparazione di una tale classe manageriale eccellente sembra dunque essere una delle grandi sfide per il futuro delle moderne direzioni risorse umane.
Luca Valerii – Direttore Risorse Umane e Organizzazione Insiel S.p.A. Trieste – già Direttore Risorse Umane e Organizzazione Microsoft Italia