Quanto valgono le competenze comportamentali nella costruzione di un package retributivo.
La tematica del valore retributivo da attribuire alle soft skills o competenze comportamentali deve essere affrontato nell’ottica della performance aziendale. In questo semplice contributo, più che una risposta a come possano e debbano essere retribuite le soft skill, si vorrebbe porre l’attenzione sul perché sia necessario per le aziende iniziare a strutturarsi per valutare correttamente le competenze comportamentali e quindi di conseguenza pagarle adeguatamente essendo esse i principali driver della performance aziendale.
Per rendere più concreta la condivisione di queste idee, procederemo a contestualizzare la discussione su una tipologia di azienda e di mercato (in cui opera chi sta redigendo queste note), sperando comunque che possano emergere spunti utili anche per altre tipologie di organizzazione. Si tratta di un’azienda di medie dimensioni operante e competitiva nel mercato globale perché capace di offrire un prodotto con alto contenuto tecnologico ma molto customizzato. Parliamo in breve della tipica multinazionale smart nata della distintiva capacità tecnico/creativa italiana in ambito industriale.
La key competence di questo tipo di aziende è la capacità di fare innovazione continua spesso non attraverso progetti pianificati di ricerca e sviluppo ma direttamente sul mercato per opportunità che nascono su richiesta del cliente e devono essere colte rapidamente attingendo a competenze scarse sul mercato cresciute letteralmente in seno all’azienda e che devono essere custodite gelosamente per evitare che competitor internazionali di ben altra dimensione, organizzazione, capacità finanziaria e spesso operanti in contesti nazionali più efficienti, possano in qualche modo acquisirle.
In questo contesto si innesta il tema del valore retributivo delle soft skills. Innanzi tutto, occorre premettere una considerazione, per nulla originale, sul rapporto fra soft skills e hard skills. Siamo soliti distinguere hard skills e soft skills ovvero competenze tecniche e competenze comportamentali, ma si tratta di un’astrazione tipica da esperti di processi HR a fini di analisi. Nella realtà, cioè nell’esercizio lavorativo quotidiano, a qualsiasi livello professionale, le due competenze vivono in simbiosi e si influenzano reciprocamente. Non esiste un hard skills fuori da un contesto di soft skills. Le competenze tecniche sono sempre agite in un contesto di comportamenti rivelativi di competenze comportamentali. Facciamo un esempio banale per chiarire: un programmatore plc in un contesto di avviamento di alcune macchine presso lo stabilimento di un cliente eserciterà le sue capacità di programmatore software (hard skill) sempre in un contesto in cui mostrerà maggiore o minore orientamento al cliente (soft skill), e nel caso in cui ci siano problematiche impreviste dovrà stressare le sue capacità tecniche facendo emergere qualità di problem solving (soft skill). Può sembrare un’affermazione filosofica, ma possiamo dire in linea di massima che le competenze tecniche sono assimilabili al “che cosa” e le competenze comportamentali al “come” una persona esercita la professionalità sottesa al contratto di lavoro con l’azienda. Non può esistere alcuna competenza tecnica se non c’è intorno un sistema di competenze comportamentali specifiche all’interno delle quali questa cresce. Questo è il motivo per cui riteniamo che le competenze comportamentali siano prioritarie in ordine logico e più fondamentali di quelle tecniche, essendo competenze imprescindibili in cui si innestano quelle tecniche.
Quanto è fondamentale lo sviluppo delle competenze comportamentali all’interno dell’azienda tipo presa come riferimento precedentemente? Quali sono le competenze comportamentali fondamentali che permettono ad un’azienda con quelle caratteristiche di rimanere competitiva e quindi mantenere performance di successo sul mercato?
La nostra azienda tipo per avere successo sul mercato inevitabilmente deve tradurre i propri “comportamenti aziendali” in soft skills vincenti che le persone appartenenti alla sua organizzazione devono coltivare e sviluppare. Non è qui il luogo per una discussione approfondita di quali siano i migliori comportamenti suddetti ma, da quanto detto, innovazione, velocità, adattabilità potrebbero essere gli atteggiamenti vincenti per il successo quali che siano i valori, la mission e la vision di aziende di questo tipo. Con lo stesso intento di non essere esaustivi e non aprire qui una discussione, potremmo considerare 3 corrispettivi competenze comportamentali fondamentali che le persone appartenenti a queste organizzazioni dovrebbero sviluppare per sostenere il successo dell’azienda come gestione e sviluppo delle conoscenze, orientamento ai risultati e proattività e flessibilità e gestione del cambiamento
Volendo fare una sintesi delle disposizioni fondamentali in termini di competenze comportamentali che le persone appartenenti a queste organizzazioni devono avere per garantire un’eccellente performance, potremmo descrivere l’idea tipo in questo modo: ottime capacità di apprendimento e abilità di trasferire in tempi rapidi in azione quanto appreso con un atteggiamento di fondo di disponibilità e flessibilità ad adattarsi alle esigenze che un’organizzazione reattiva riceve dal mercato. Indipendentemente dalla posizione gerarchica e dal ruolo professionale, a parità di competenze tecniche, lo sviluppo di queste skill permettono di portare più valore aggiunto all’azienda e risultano decisive per il suo successo sul mercato.
Ma come vengono solitamente retribuite le persone? C’è un focus particolare nel valutare e retribuire in un certo modo queste qualità che sono risultate essere fondamentali per il successo dell’azienda? La risposta è: generalmente no. I parametri retributivi oggettivi di riferimento sono dati di mercato del lavoro organizzati per famiglie professionali e aree funzionali comparabili per settore, dimensioni di azienda, età anagrafica o anzianità professionale, dimensione geografica, istruzione …. oppure dati storici interni all’organizzazione. Non penso esista una valutazione economica oggettiva delle soft skill, né a livello di mercato né a livello interno aziendale, in modo da poter costruire su di essa un ragionevole piano retributivo e riallineare la retribuzione alla performance o meglio alle condizioni fondamentali della performance aziendale.
Gli elementi retributivi sono sempre i soliti: retribuzione fissa, retribuzione variabile legata ad obiettivi individuali (o comuni o aziendali), gratifiche una tantum. Come abbiamo detto non esistono benchmark di mercato su competenze comportamentali ma solamente su mansioni e famiglie professionali che altro non sono che agglomerati di competenze tecniche. Come riferimenti interni aziendali le componenti soft sono valutate informalmente nelle revisioni retributive annuali, quindi le ritroviamo incorporate nelle stratificazioni dello storico retributivo individuali; nel migliore dei casi rappresentano alcune componenti di MBO, spesso valutate in modo inadeguato e con un impatto economico sulla retribuzione globale pressoché indifferente per la persona e quindi non incentivanti.
Proponiamo infine uno schema di approccio retributivo come soggetto di discussione.
La retribuzione fissa deve valutare le competenze tecniche, posizione e anzianità in relazione ai valori di mercato contestualizzati geograficamente, settorialmente e dimensionalmente.
La retribuzione variabile, che deve avere un’incidenza sensibile per influenzare e incentivare i comportamenti delle persone, deve valutare periodicamente un piano di sviluppo strutturato di soft skills sia comuni all’azienda, in termini di aderenza ai valori aziendali, sia specifiche della funzione e del ruolo svolto dalla persona.
Man mano che vengono consolidati alcuni atteggiamenti in termini di competenze comportamentali, possono venire anche consolidati in termini retributivi fissi come aumenti di merito.
Le gratifiche una tantum, anche importanti e sensibili per la persona, dovrebbero invece andare a retribuire i risultati raggiunti, quindi la performance individuale o di gruppo.
Il senso di fondo di quanto proposto è quello di retribuire con componenti contrattuali (fissi e variabili) le competenze che sono alla base della performance e con premi ad hoc i risultati che per definizione non sono mai consolidati.
Concludiamo, sperando di aver dato un utile contributo, commentando questa proposta con le parole di W. Edwards Deming che dice che, mentre abbiamo bisogno di risultati positivi per garantire ottime performance aziendali nel tempo, “una gestione per risultati non è il modo giusto di ottenere buoni risultati. Perché così si tenta di agire sui risultati finali, mentre quel che davvero è importante, è lavorare sulle determinanti che li producono e quindi lavorare sull’intero sistema”.
HR Manager
Elettric 80 S.p.a.