LA CONDANNA DEGLI UNDER 30: GIOVANI ITALIANI PIU’ PRODUTTIVI, MA PEGGIO RETRIBUITI
Lavori di più, produci di più, guadagni di meno. L’handicap? Avere meno di 35 anni. È la “curva anomala” del mercato del lavoro italiano rilevata dal nostro Osservatorio JobPricing, che analizza retribuzioni e compensi sul mercato nazionale ed europeo. Dati Eurostat ed Ocse alla mano, i dipendenti sotto i 35 anni incassano uno stipendio medio di ingresso nel proprio percorso professionale fra i più bassi d’Europa (23.586 euro lordi, 1.312 euro netti su 13 mensilità), oltretutto eroso in quasi la metà del suo valore dalle tasse (42,4%).
Nel paragone con gli altri stati UE, un lavoratore italiano nella fascia d’età 25-34 anni guadagna la metà esatta di un collega svizzero (48.100 euro), 1,5 volte in meno di uno svedese (36.200 euro), circa 1,4 volte in meno di un belga (34.300 euro), 1,2 volte in meno di un danese (29.700 euro) e di un olandese (29.400 euro), mentre la media tedesca, appare un po’ più vicina agli standard italiani (25.200 euro, 1.614 euro in più).
La retribuzione di ingresso nel mercato europeo è tale perché destinato a crescere sia in rapporto alla maturità lavorativa sia in proporzione ai risultati ottenuti. In Italia sembra valere solo uno dei due criteri: la maturità.
Mario Vavassori, presidente di JobPricing spiega infatti che «l’aspetto che ci caratterizza è quello di un mercato del lavoro “seniority driven”, guidato dall’età: più vai avanti con gli anni e più guadagni. Cosa che succede anche all’estero, se non fosse che lì il grosso della crescita si concentra nei primi anni, quando puoi dare di più, mentre qui ci si basa più che altro sulla “somma” degli anni acquisiti. A prescindere da quello che si può fare».
La curva retributiva italiana cresce dunque a ritmo rallentato, facendo sì che l’apice di carriera si raggiunga a 55 anni, rispetto alla media dei 40 nel resto d’Europa, con un divario tra stipendi under 30 che raggiunge anche i 10mila-15mila euro.
Vavassori prosegue: «la curva dei salari è sempre legata all’età, ma nel nostro caso ha un andamento completamente diverso: in Europa sale rapidamente negli anni più proficui e raggiunge il suo apice a 40 anni. Quella italiana, al contrario, sale molto lentamente fino ai 40 anni e raggiunge il suo apice a 55».
Tale problema si manifesta anche nell’ambito del tirocinio. Il rimborso minimo per i mesi di stage (quando esiste) resta tale e quale per tutto il periodo di formazione. Al contrario, in Paesi come Germania e Olanda, la retribuzione cresce proporzionalmente alle competenze acquisite durante l’esperienza. Un altro esempio è dato dalle borse di studio per gli specializzandi di Medicina, statiche in Italia e progressive in Svizzera: nel Canton Ticino la retribuzione aumenta di quasi 40mila euro in 6 anni, cifra che da sola quasi raddoppia i 25mila euro annui percepiti dagli specializzandi della Sapienza di Roma nei primi 2 anni e i 26mila previsti per i successivi 4. «L’incremento nelle retribuzioni è sostanziale – spiega Vavassori –. Facciamo l’esempio dei tirocini: magari inizi con 500 euro al mese, ma finisci che ne guadagni 2mila. Perché? Perché riconoscono che ci sono dei progressi. E così sul lavoro: magari all’inizio prendi ‘poco’ poi arrivi al raddoppio dello stipendio nel giro di 5 anni».
Nel quadro generale, la tassazione sul reddito riportata dall’osservatorio JobPricing su un campione di under 30 sembra abbastanza omogenea tra i vari paesi europei. L’Italia si distingue in quarta posizione, ma le distanze sono brevi sia con la Svezia (sotto a noi con il 40,5%) sia, per difetto, con la Germania (sopra con il 45,5%). L’aliquota, però non è un indice sufficiente da solo: si devono tenere in conto almeno altri due fattori. Prima di tutto i servizi offerti, ben diversi nel confronto tra noi e quei due paesi. E poi, tutto quello che c’è dopo: in Germania ad esempio si viene incentivati nel creare famiglia, nel prendere casa. Diversamente dall’Italia.
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